La Carrera de los Caballos

Chuchumatanes, un comune situato sugli altopiani del Guatemala, al confine con il Messico, è forse una delle ultime terre dove vivono i pochi diretti discendenti dei Maya. Come i Lacandones e i Quiché, due altre etnie, vivono una realtà tutta particolare fatta di tradizioni, di superstizioni e di povertà.

Sono contadini, come gli antichi Maya, abituati alle estenuanti fatiche dei campi in un precario equilibrio di sopravvivenza ove solo le grandi feste o i rituali riscattano le memorie usurpate dai “conquistadores”. Sono i Mam. Oggi, circa 12.600 individui, dei quali 4.000 vivono nella “capitale” Todos Santos, mentre gli altri sono sparsi sulle montagne che circondano il capoluogo in una zono che si estende per trecento chilometri quadrati.

Vivono semplicemente, duramente, occupandosi per la maggior parte di agricoltura. Qui la terra è molto fertile: due raccolti l’anno sono abituali e, in certe zone più a sud, si arriva persino a tre. A 2.500 metri però la vita dell’agricoltore è particolarmente difficile tanto che, per sei mesi l’anno la gente emigra al Sud, verso i campi di cotone e le coltivazioni di banane per cercar lavoro e guadagnare quei pochi quezales che serviranno a tirare avanti. In sei mesi di sacrifici questi emigranti della fatica riescono a racimolare circa 120 dollari.

E’ la storia dell’emigrazione più miserevole che però, una volta l’anno, il primo di novembre, lascia dietro di sé tutta la tristezza, l’amarezza e le privazioni, per sfociare in una sagra che ha più del baccanale che non della festa paesana.