Drammi, poesia, malizia nelle pietre di Venezia

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Ligabue Magazine 17

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Per mille anni, la Serenissima Repubblica di Venezia fu governata democraticamente da un’oligarchia, e tale continuità istituzionale, mai registrata in alcun Paese al mondo, costituisce un “unicum” tuttora oggetto di studio da parte dei costituzionalisti. Per secoli, i forestieri si sono meravigliati che il sovrano non risiedesse in un castello protetto dagli armigeri, ma in un palazzo mirabile sempre aperto ai cittadini, e in un millennio, rarissimi furono i tentativi di alterare quell’ordine per instaurare una signoria sull’esempio di quelle dominanti in tutti gli Stati europei, grandi o minuscoli che fossero.

Due soltanto furono le congiure intese a consegnare tutto il potere nelle mani di un singolo monarca assoluto, cosa questa paventata più di ogni altra dai Veneziani, e delle due, quella ordinata dal “gran cavaliere” Baiamonte Tiepolo fu certamente la più perigliosa, perché quel signore dal nome illustre, nipote e pronipote di dogi, parente di re e di principi, aveva ottenuto l’appoggio di alcuni membri di grandi casate, i quali a loro volta erano riusciti a raccogliere intorno a sé alcune centinaia di uomini illusi da promesse demagogiche di libertà e di favolose ricompense.

L’insurrezione scattò all’alba di domenica 15 giugno 1310, e fallì nel giro di poche ore, non solo perché sui ribelli si scatenarono le furie del cielo con un temporale di inaudita violenza, ma anche perché le mancò il favore popolare e perché nel momento culminante, quando i facinorosi erano a un passo da piazza San Marco, una donna di nome Giustina Rossi, abitante nel Sottoportico del Cappello Nero, richiamata dal gran vociare, si affacciò alla finestra e lasciò cadere, non si sa se deliberatamente o per caso, un grosso mortatio di pietra che colpì e uccise il portabandiera del Tiepolo.

Lo scompiglio fu tale, che gli insorti si sbandarono e fuggirono, il doge Pietro Gradenigo ristabilì il potere del Maggior Consiglio, e ancora oggi la “vecia del morter” è ricordata nel bassorilievo che si vede sulla casa di sinistra subito dopo l’arco dell’Orologio.

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