Ligabue Magazine 40

18.00

Primo semestre 2002
Anno XXI

Nell’ottobre del 1982 nasceva il Ligabue Magazine. Da allora sono trascorsi vent’anni, vent’anni costellati di fulgidi successi … Alto là! Passi per costellati, ma fulgidi no. Via, via! Perché? Perché me lo ha insegnato uno dei più raffinati scrittori del Novecento, Antonio Baldini, che fu allievo prediletto di Ildebrando Della Giovanna, il mitico docente di bell’italiano al “Marco Visconti” di Roma. Baldini era in seconda liceo, aveva terminato il compito in classe sul tema “Il sabato del villaggio” di Leopardi e, consegnato il suo svolgimento sul foglio di carta protocollo, se lo vide riconsegnare con queste parole del professore che non vi aveva dato neppure un’occhiata: “Torni al suo posto, elimini i superlativi, cancelli due aggettivi su tre e poi lo rileggiamo insieme. Le sue solite enfasi se le metta via, per usarle lontano dai miei sguardi”. Era il tempo in cui i professori davano del Lei agli studenti, roba di un secolo fa, ma non ho dimenticato l’ammonimento trasmesso da Baldini e tuttora valido.

Incluso nel prezzo anche la versione digitale *

* Le versioni digitali dal n. 1 al 57 sono ottenute da una scansione del Magazine. Potrebbero pertanto presentare delle imperfezioni nella visualizzazione dei testi e delle immagini.

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Caro zio Ildebrando, che dal cielo correggi ancora i miei compitini, per un momento deponi la matita rossa e blu, e sii indulgente, devo pur celebrare questo ventennio di successi veri e prometto che non ricorrerò a iperboli, sarò sobrio, schivo, quasi scarno, senza autoesaltazioni, ma che il Ligabue Magazine sia diventato una delle più belle riviste italiane, me lo devi lasciar dire, tanto più che questo giudizio lo ricavo dalle affermazioni di migliaia di lettori, tanto più che ha conquistato fama internazionale, come ci è stato dimostrato dall’incondizionato apprezzamento del National Geographic Magazine (vedi N. 17 del Ligabue Magazine).

In quell’autunno del 1982, al n. 499 del Sestiere di Santa Croce in Venezia, eravamo nell’ufficio del Presidente della Ligabue Catering SpA al secondo piano di una palazzina bianca sul rio de la Scomenzera, e questo Presidente era un imprenditore fuori dell’ordinario, qualcuno disse un imprenditore del futuribile, con un’aggravante, che era anche un paleontologo con tale reputazione in Europa, in Asia, nelle Americhe, che aveva potuto riunire intorno a sé nel Centro Studi Ricerche Ligabue, studiosi delle più importanti università, esploratori di fama internazionale, gli uni e gli altri divenuti poi collaboratori della rivista, dando e ricevendo lustro dalla stessa. Nel N. l della nostra rivista, il suo ideatore e fondatore scriveva fra l’altro: “I motivi che hanno dato il via al Ligabue Magazine sono impliciti nel nostro slogan di sempre: “Ligabue, la dimensione di un impegno”.

Anche la comunicazione è parte integrante di questa dimensione … Il Ligabue Magazine vuole essere quindi, una proposta emozionale, l’espressione della storia della Ligabue Catering e dei suoi impegni economici e culturali, attraverso una comunicazione che sia allo stesso tempo informazione strettamente scientifica, impostazione grafica, equilibrio tra immagine e testi, diversificazione degli argomenti.

Azzardo sommessamente che sono ben poche nel mondo le pubblicazioni che hanno mantenuto fede, come la nostra rivista, alle promesse fatte con l’esposizione iniziale dei propositi di diventare validi divulgatori di cultura e di varia umanità con puntiglioso rigore scientifico. E così siamo andati avanti di anno in anno, nella scia della sfida che senza clamore Giancarlo Ligabue aveva lanciato a se stesso e ai suoi collaboratori secondo la quale ogni numero della rivista doveva essere migliore del precedente. Unico neo in tutto questo: ponendo tanta attenzione a muoverei quietamente contando sulla forza dei pregi intrinseci della rivista, non è stato previsto il diffuso interesse che avrebbe destato sul pubblico, tal che non sono state fatte riserve sufficienti ed oggi le frequenti richieste di arretrati impongono difficili ricerche per reperirli: è diventato un oggetto da collezione e sono sicuro che questo N. 40 segnerà un bel punto di chiusura del primo ventennio e di partenza per il prossimo! Chi vivrà, vedrà.

Intanto qui incontriamo tre donne coraggiose, viaggiatrici audaci e impavide, che partono per ogni dove con un ragguardevole bagaglio scientifico: Giovanna Fuggetta Marcolongo è una geologa esperta di viaggi in cui si uniscono avventura e ricerca in campo naturalistico ed etnografico. Aveva poco più di vent’anni quando partì da Padova con il marito e in automobile raggiunse l’India; dopo una laurea in Lingue e Letterature Orientali ha visto e descritto Paesi e popoli, producendo una tal messe di saggi che non basterebbe questa pagina ad elencarli tutti, ma sono convinto che quanto noi pubblichiamo a pag. 148 è uno dei suoi più suggestivi racconti, perché le avventure del pellegrino cinese Hsuan-tsang nel Vll secolo d.C. sono tali da dare il batticuore, tanto che nel leggere questo testo mi sono dovuto soffermare dopo ogni paragrafo per tentare di immaginare le impervie contrade visitate con tanti pericoli, ieri come oggi, da questo saggio e dotto buddista.

Non meno affascinante è il Tibet di Francesca Mascotto, biologa e fotografa che compie viaggi per studiare le culture dei popoli dell’Asia e dell’Africa, e che, fra l’altro, è stata la prima occidentale a documentare la cerimonia del Tiji, una rappresentazione sacra che si svolge a Lo Manthang, capitale del Mustang, un frammento di Tibet in territorio nepalese. A pag. 24, l’Autrice è riuscita a raggiungere quella regione proibita dove ha incontrato le “genti delle solitudini”, le tribù irriducibili di briganti gentiluomini che – dicono – rubano ai ricchi per dare ai poveri, e che secondo una leggenda sarebbero i progenitori dei pellerossa d’America dove sarebbero arrivati quando i continenti non erano ancora separati dallo stretto di Bering.

Compiamo un salto dall’Asia all’Africa per avventurarci in quella Namibia ancora così poco conosciuta dagli europei, un Paese povero dove fra paesaggi di aspra bellezza si può ammirare il Fish River Canyon lungo 161 chilometri e largo fino a 27. Ce lo fa conoscere a pag. 54, Mariagrazia Raffele, giornalista caporedattore della “Nuova Venezia”, corrispondente del quotidiano “la Stampa” e fra tante sorprendenti meraviglie scopriamo anche noi le Huns Mountains con graffiti che risalgono a 80.000 anni fa e i cui picchi consentivano le comunicazioni con un sistema di rifrazione dall’uno all’altro.

Ci concediamo ora una pausa con un argomento solo apparentemente frivolo, perché l’excursus fra le donne di Casanova di Gabriele Rossi-Osmida a pag. 120, è sì l’appetitoso ricordo di avventure mirabolanti, ma mette anche in risalto la figura di un uomo che è stato un grande scrittore tuttora oggetto di studi approfonditi che appaiono inesauribili tanto ricche sono le fonti dei Memoires del Cavaliere di Seingalt.

Gabriele Rossi-Osmida è da sempre membro e archeologo del Centro Studi Ricerche Ligabue, ben conosciuto dai nostri lettori come lo è Bruno Berti, ricercatore naturalista collaboratore della Società Veneziana di Scienze Naturali, che a pag. 102, descrive i fantasmagorici, stupefacenti segreti dell’ambra.

Sul frontespizio del Ligabue Magazine appare un distico che recita: “La rivista di coloro che percorrono le vie del mondo”; ebbene, Willy Fassio è un grande esperto di viaggi culturali e geo- etnografici che, con la sua organizzazione “Il Tucano Viaggi Ricerca”, percorre e fa percorrere a molti le strade di tutte le regioni del mondo, e a pag. 74, potete leggere le sue riflessioni sull’argomento.

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