Ligabue Magazine 41

18.00

Secondo semestre 2002
Anno XXI

Una bambina entra nella biblioteca del suo quartiere a Manhattan e, alla signora che l’accoglie con benevoli sorrisi, dice che per svolgere il tema che la sua maestra le ha assegnato, ha bisogno di imparare qualcosa sui pinguini. La bibliotecaria la fa accomodare ad un tavolo e le mette davanti un bel volume illustrato sui pinguini dell’Antartico. Passano pochi minuti e la bambina restituisce il volume. – Non ti va bene? – No, grazie, spiega la bambina, dice troppo sui pinguini. Anch’io talvolta mi smarrisco come quella bambina di fronte al profluvio di cognizioni scientifiche contenute in alcuni degli articoli scelti per questa rivista.

Incluso nel prezzo anche la versione digitale *

* Le versioni digitali dal n. 1 al 57 sono ottenute da una scansione del Magazine. Potrebbero pertanto presentare delle imperfezioni nella visualizzazione dei testi e delle immagini.

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Per esempio, a proposito di pinguini: lo sapevate che ve ne sono alcune colonie che vivono in una zona equatoriale? Questa è una delle sorprese offerte dall’articolo a pag. 24 sulle Galapagos di Irenaus Eibl-Eibesfeldt. E’ un articolo scientifico che desta la voglia di imparare e che insegna tutto, ripeto, tutto su quelle isole note soprattutto per i tanti documentari sulle tartarughe giganti chiamate galapagos in lingua spagnola, quando ci sono anche le iguane marine e i leoni marini; e la bella storia dell’evoluzione dei fringuelli di Darwin giunto nell’arcipelago nel 1835; e i sullodati pinguini, i cormorani, e le lotte delle iguane terrestri rivali in amore; e poi la Fondazione Charles Darwin e la Estacion Charles Darwin per la protezione e la conservazione della flora e della fauna minacciate, come ormai ogni parte del mondo, dalle invasioni dei turisti. Ma chi è l’autore di tale concentrato di sapienza? Deve essere un personaggio straordinario, e difatti lo è. Nato a Vienna nel 1928, studia biologia, etologia, morfologia comparata, ecologia, filosofia con illustri maestri fra i quali Konrad Lorenz, e studia così bene che non solo si laurea con il massimo dei voti, ma a soli 21 anni diventa “associate” per le ricerche dello stesso Lorenz, e via col vento.

Chi lo ferma più? Con Lorenz è invitato al Max Planck Institute dove con i suoi lavori diventa membro effettivo dell’Istituto, quindi tanto per sgranchirsi il cervello si laurea in zoologia all’Università di Monaco, che gli conferisce il titolo di professore. Siamo nel 1970 ed egli ha una così solida reputazione, che comincia a spaziare nel campo vastissimo della condotta degli animali e degli esseri umani, esplora le radici dell’amore e dell’odio, scrive libri per favorire la pace, è invitato a tenere cicli di conferenze in America, in Australia, in Namibia, e fioccano su di lui lauree h.c., premi, medaglie, titoli di “emerito direttore” di organizzazioni scientifiche e di Accademie.

Basta per farmi sentire un meschinello e perché altri autori meritano un’attenzione particolare, come il parigino Luc-Henri Fage, Premio Rolex del 2001, che a 45 anni ha raggiunto la notorietà come giornalista, fotografo, grafico, scrittore, esploratore, autore di numerosi documentari, fondatore e direttore della rivista “Spèlèo”, e a lui Giancarlo Ligabue fa chiedere se è disposto a scrivere per il Ligabue Magazine un articolo sulla sua scoperta delle antiche forme d’arte parietale nelle grotte carsiche nel Kalimantan, la parte indonesiana del Borneo.

Monsieur Fage, fra l’altro diplomato in giornalismo e in scienze politiche, risponde: “Caro Dottore, naturalmente sarei felice di scrivere un articolo per la sua rivista. E’ un grande onore per me. L’anno scorso ho ricevuto grazie a Rebecca Irwin della Rolex, il suo meraviglioso libro “Ecce Homo”, ed è stata per me una grande sorpresa vedere alcune fotografie del mio amico di Langda, il pigmeo papua Dimane Balio! Sono stato due settimane nella valle Una durante la mia traversata nel 1990-91 dello Irian Jaya, e da quella spedizione ho ricavato il libro “La memoria delle nebbie”. Dimane Balio e altri dell’Una ci hanno detto che uno scienziato italiano accompagnato da numerosi collaboratori venne alcuni mesi prima di noi per studiare gli ultimi fabbricanti di asce di selce, e quando ho ricevuto il libro ho capito che era Lei! Potrò avere il piacere di incentrarLa a Venezia in aprile?”

Se leggete a pag. 146 l’articolo di Luc-Henri Fage con le descrizioni di tante e tante raffigurazioni di mani in negativo, di mani con segni simbolici, di figure zoomorfe e antropomorfe, vi renderete conto di quali emozioni abbiano provato in quelle terre inesplorate prima Ligabue e poi Fage. L’etnologo Josè G. Tubayan, che è stato Direttore Regionale della Panamin, Presidential Agency on National Minorities per la zona di Nueva Vizcaya (Filippine), ha da essere oltre che uno studioso, un uomo coraggioso, perché affrontando non pochi pericoli, è penetrato nelle zone più impervie dell’isola di Luzon nella regione del Caraballo e nella foresta della Sierra Madre, per andare a trovare gli ultimi Ilongot di origine paleo-malese, che sono tipi che non scherzano quando si esercitano nel loro sport preferito, quello di tagliare la testa ad amici e nemici, a parenti vicini e lontani.

Sentite solo di quest’uso non del tutto scomparso: durante la cerimonia matrimoniale, racconta Tubayan, rotolano con maggior frequenza le teste cristiane o ilongot, “il genitore poteva imporre al giovane aspirante alla mano della propria figlia, la prova più ardua: una testa come dote per dare prova della sua prodezza e bravura come corteggiatore”.

Non è facile, ma talvolta per leggere certi testi occorre mettersi nei panni dei geologi che misurano il tempo in milioni di anni, e se si parte da 220 milioni di anni fa, quando l’Africa, l’Antartide e l’India formavano un unico continente si può arrivare ad apprezzare a pag. 118, l’articolo di Carlo Francou, che ci conduce alla scoperta di un Paese ancora scarsamente conosciuto, il Ladakh, un deserto montuoso fra la catena del Karakorum e quella dell’Himalaya. Francou è un geologo, direttore del Museo Geologico “G. Cortesi” di Castell’Arquato e coordinatore del Museo Civico di Storia Naturale di Piacenza.

Zavattini direbbe “parliamo tanto di me”, e per una volta, sebbene i giornalisti abbiano il dovere di essere solo testimoni di fatti che non li riguardano personalmente, diamo spazio a pag. 94, a Massimo Cappon, che con linguaggio sobrio ci descrive la passione, i rischi e – perché no? – gli eroismi dei fotoreporter di guerra. Alcune delle fotografie che illustrano questo articolo sono firmate Ascanio Raffaele Ciliello, 42 anni, free-lance, l’ennesimo fotorepoter di guerra caduto sul campo: è stato falciato il 13 marzo 2002 da una raffica di mitragliatrice in una strada di Ramallah, mentre documentava la drammatica escalation dell’ultima Intifada palestinese per conto del “Corriere della Sera”. Cappon, per molti anni inviato di “Epoca”, la vita pericolosa l’ha vissuta vicino ai pozzi in fiamme del Kuwait, e in Sudan, e nell’Antartide, e in Afghanistan. Gli diciamo: bravo, ma stia un po’ attento.

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