Ligabue Magazine 45
Secondo semestre 2004
Anno XXIII
Che sul nostro pianeta si nascondano animali ancora sconosciuti sono convinti – per statuto, direi – i ricercatori che si dedicano alla Criptozoologia, quella scienza che studia gli “animali ignoti”; o meglio, quegli animali che sembrano sempre sulla soglia di casa, ma non entrano quasi mai. In questo mondo di mezzo, che galleggia in una dimensione senza tempo, convivono piovre giganti e Yeti, presunti dinosauri e mostri di Loch Ness, tutti discendenti di quell’antica fauna multiforme che il grande Borges riunisce sotto l’etichetta di “zoologia fantastica”, dando dignità “scientifica” – oltre che letteraria – a chimere e liocorni, sirene e ippogrifi, centauri e minotauri.
Incluso nel prezzo anche la versione digitale *
* Le versioni digitali dal n. 1 al 57 sono ottenute da una scansione del Magazine. Potrebbero pertanto presentare delle imperfezioni nella visualizzazione dei testi e delle immagini.
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Uno zoo in bilico tra mito e realtà, che in qualche caso ci ha regalato incredibili sorprese (come quella del celacanto, che riemerse da un mare di secoli; o l’okapi, che viveva nascosto nella foresta coi pigmei); un universo così incerto in cui molti evitano di entrare per non far la figura di quelli che credono alle favole. Eppure è popolato di creature feconde, piene di poesia e di scienza (antropologica, almeno) che vengono dalle profondità dell’animo umano e che meritano una visita affettuosa, come quella a nonni lontani. Ma volendo evitare imbarazzi a chicchessia, anziché incaricare qualcuno di andare a visitarlo, ho deciso di andarci personalmente. Per raccontarvi quello che ho visto e sentito.
Un altro viaggio, questa volta in un mondo pieno di gioielli, l’ha fatto Sabina Melesi per esplorare quella voglia irresistibile che noi, uomini e donne, abbiamo sempre avuto di sentirei belli. E per riuscirci ci siamo messi addosso di tutto, conchiglie, pietre, cristalli, colori, bacche, semi; proprio di tutto, purchà© bello. Cominciammo a raccogliere sassolini brillanti almeno 250 mila anni fa, conchiglie per farne collane (77 mila anni fa), e poi rametti di corallo, perle, piccoli fossili, e pepite d’oro per farne ninnoli. Ma sempre cercando una ragione nascosta, un significato simbolico in ognuno di quegli ornamenti, che in questo modo cominciarono a raccontare l’identità di chi li indossava.
In mare ci porta invece Lucia Simion, per dirci tutto sugli squali. E lo fa con la sua solita competenza di quel mondo subacqueo che spesso ha frequentato con la macchina fotografica in mano. Subito ci dà una notizia che ribalta tutte le nostre convinzioni: ogni anno, in tutto il mondo, una quindicina di persone perdono la vita a causa di un attacco degli squali, ma negli stessi dodici mesi noi uomini ammazziamo circa 100 milioni di squali. Questa ecatombe è principalmente dovuta alla mania di diverse popolazioni, quasi tutte orientali, di mangiare pinne di squalo; tagliate le pinne, lo squalo viene ributtato in mare come spazzatura. Conseguenza di tutto questo è che circa 200 specie di squali (cioè la metà di quelle esistenti) sono a rischio di estinzione. Ed essendo gli squali i predatori alla sommità della catena alimentare negli oceani, la loro drastica diminuzione porterà all’aumento incontrollato delle loro prede, che causerà la diminuzione delle specie che stanno al disotto di queste. E così via.
In questo numero del Magazine c’è anche un articolo di Davide Domenici, che è mio figlio e per questo temo d’essere accusato di nepotismo. A mia discolpa ho un paio di argomenti: l) è un collaboratore del Ligabue Magazine fin da anni non sospetti; 2) fa l’archeologo e si occupa di civiltà precolombiane; quindi è un professionista del settore. Ciò detto, spero di essere assolto dal sospetto, e vado avanti. Il tema che Davide affronta è singolarmente “moderno” – arte e propaganda politica- e la sua tesi è questa: presso le civiltà precolombiane della Mesoamerica (dove si svilupparono le civiltà degli Olmechi, dei Maya, dei Theotiuacani e degli Aztechi) l’arte produceva veri e propri “manifesti” propagandistici per i potenti di turno. Ma non solo. Le diverse forme di potere (sovrano unico, gruppi d’elite, ecc.) finirono per determinare la stessa iconografia e i canoni stilistici dei differenti popoli. Leggere per credere.
Di popolazioni “altre” si occupò nella seconda metà dell’Ottocento un brillante esploratore fiorentino, Elio Modigliani, che dai suoi viaggi nelle Indie Orientali (Indonesia) riportò una serie di relazioni e appunti che rese pubblici attraverso libri, conferenze e articoli. Con grande pazienza e competenza, Mila Tommaseo è andata a spulciare quelle preziose carte per farci assaporare “dal vivo” l’atmosfera dell’incontro tra uno studioso dotato di una curiosità multiforme e un mondo indigeno allora in gran parte sconosciuto. Ne è uscito un racconto godibilissimo, brillane, divertente, che disegna un ritratto vivo di uno dei più fecondi esploratori italiani. L’articolo è corredato da belle fotografie che lo stesso Modigliani riportò dai suoi viaggi.
Di esplorazione e scoperte ci parla anche Corrado Lazzari, ma non nel senso tradizionale del termine. Lazzari ci racconta come avvenne la scoperta degli aspetti naturalistici della Laguna di Venezia e come questo sapere si trasformò in libri. Nel ripercorrere questa vicenda, Lazzari ci rivela un iter che non avremmo sospettato. Nella Serenissima arrivavano merci dai paesi più esotici e gli speziali le trasformavano in farmaci che prendevano le vie del mondo, assicurando a Venezia ricchezze e prestigio internazionale. Ovviamente, i responsabili della città dovevano poter controllare sia la bontà delle materie prime portate dalle navi, che il delicato lavoro degli speziali. Per farlo accorrevano libri e documenti da utilizzare come termini di paragone e questo portò, nel XV secolo, alla realizzazione dei primi testi botanici veneziani. E, ovviamente, furono libri che trattavano specie di piante presenti nel territorio lagunare; poi, dalle piante agli animali il passo fu breve e furono pesci e molluschi a esser presi in esame. Era nata l’editoria naturalistica veneziana.
Per concludere segnalo i “nuovi nati”, cioè quei micro-articoli di solo due pagine, dedicati questa volta a tre argomenti: l'”automotore” nel 1420, gli occhiali nel XII secolo e il ritorno di un antico abitante delle profondità marine.
Buona lettura.

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