Ligabue Magazine 48
Primo semestre 2006
Anno XXV
Ogni giorno siamo sommersi dalle immagini. Migliaia, milioni di immagini, di tutti i tipi, tanto che si parla di inquinamento visivo. A questo punto, la sovrabbondanza le rende praticamente invisibili e sarebbe saggio usarne il meno possibile. Nonostante questo, però, siamo convinti che in certi casi nessun’altra forma di comunicazione sia altrettanto efficace dell’immagine e per questo abbiamo affidato quasi esclusivamente alle fotografie il servizio dedicato a quel miliardo di bambini che ancora oggi sono privati delle condizioni essenziali per vivere. Troppo facile intenerire i lettori con foto di bambini?
Incluso nel prezzo anche la versione digitale *
* Le versioni digitali dal n. 1 al 57 sono ottenute da una scansione del Magazine. Potrebbero pertanto presentare delle imperfezioni nella visualizzazione dei testi e delle immagini.
Out of stock
Sì, il rischio di cadere nel pietismo giornalistico c’è sicuramente, ma abbiamo superato questo scrupolo perché siamo in compagnia di Giobbe Covatta (un comico serio!) e degli amici dell’AMREF: gente responsabile, che da anni è impegnata a cambiare il destino di tanti piccoli condannati a morte dall’indifferenza del mondo.
Leonardo ritrovato – Lo scoprì Giancarlo Ligabue nel negozio di un antiquario veneziano e lo comprò come un disegno di “ambiente leonardesco” anche se in basso c’era scritto un nome: Leonardo. Gli piacque, anche se non aveva una paternità precisa e raffigura una vecchia donna che proprio bella non è, e lo ripose in una grossa cartella insieme ai disegni del Tiepolo, del Canaletto, del Longhi e altri grandi. Ogni tanto lo guardava, lo faceva vedere a qualche amico, poi lo riponeva con cura, senza dire quello che sognava. Finché un giorno lo mostrò agli esperti, che spalancarono gli occhi: Leonardo! É andata così, e ora ci piace presentarlo sul Magazine perché tutti lo vedano.
Mappe fantastiche – Chi ama i vecchi documenti lo sa bene: un’antica mappa sbiadita, incompleta, persino dubbia, è più affascinante di un atlante geografico nuovo di zecca. Nel disegno di un portolano non si deve cercare l’esattezza di insenature e porti, ma lievi incertezze, errori ingenui, terre ancora senza nome, oceani in cui nuotano mostri birbanti. Sono queste le cose che fanno godere i cultori del ramo. Circolano però mappe talmente fantasiose da confondere le idee, come quella di Vinland o quel falso planisfero cinese spacciato come “più vecchio di Colombo”. Ho provato a raccontare le loro storie e mi sono accorto che spesso paiono favole.
Capolavori d’Africa- Per anni e anni ci siamo impegnati per riuscire a guardare all’arte africana senza il pregiudizio del “classico”. Impresa non semplice per chi è nato coi piedi nell’antica Grecia e nel Rinascimento, ma alla fine qualche progresso l’abbiamo fatto e siamo riusciti a entrare nelle forme degli idoli, e a vedere dietro alle maschere del Continente nero. Pensavamo d’aver fatto tutto il percorso dovuto. Non è così. Basta guardare i bronzi di Ife, le terrecotte Nok o le placche del Benin per rendersi conto che non si deve mai credere di aver capito un continente intero.
Allora un consiglio: quando siete davanti a quei capolavori non fate paragoni con l’arte delle nostre parti. É arte vera e non ha bisogno di raffronti.
Grotta dei cristalli- Solo l’illustratore del “Viaggio al centro della Terra”, di Jules Verne, si era immaginato uno scenario del genere. Ora, quell’ambiente da sogno l’hanno trovato davvero, in una grotta messicana trecento metri sotto terra.
Un antro bollente con una foresta di cristalli lunghi anche 14 metri proiettati in tutte le direzioni, come fasci di luce pietrificata. Ci sono entrati degli speleologi italiani chiusi in tute ghiacciate per non finire “cotti a vapore” e ci sono rimasti un’oretta: giusto il tempo per scattare qualche foto e farci vedere com’è un sogno.
Ma ci torneranno per studiarlo e capire come ha fatto la natura a trasformarlo in realtà.
L’isola non c’era- Spesso le bugie provocano danni, e qualche volta creano terre che non ci sono. Qualcuna la inventò un certo Nicolò Zeno, nobile veneziano che intorno alla metà del Cinquecento scrisse un libretto per sostenere che due suoi zii avevano scoperto una grande isola, Frislanda e altre ancora a occidente dell’Islanda. Terre che, secondo qualcuno, – dato chenessuno le ha mai viste – potevano di fatto indicare che gli zii di Nicolò avessero scoperto l’America alla fine del Trecento, con grande anticipo sul viaggio di Colombo. Ma era tutta un’invenzione e Frislandia scomparve anche dagli oceani delle carte geografiche.
Nave all’avventura- Hanno trovato pochi resti di un’imbarcazione vecchia di cinquemila anni e hanno deciso di rifarla tale e quale per ripercorrere l’antica rotta che congiungeva i porti dell’Oman a quelli del Pakistan e dell’India. L’hanno costruita legando fasci di giunchi incatramati e l’hanno messa in acqua come facevano gli antichi Sumeri, pieni di speranza. Non è andata bene. La “nave nera” è affondata poco dopo la partenza. Ma i sogni non affondano mai e prima o poi un’altra “nave nera” ci riproverà di certo: per capire come navigavano i primi marinai del mondo.
Pensieri ricamati – Nelle oasi dell’Asia centrale si fermano da sempre uomini e merci che fanno la spola tra Oriente e Occidente. Con queste carovane viaggiano anche le idee che col tempo si trasformano, si mescolano, scompaiono o si radicano conservando quello che pareva dimenticato.
Questo è capitato alle coperte nuziali che le donne dell’Uzbekistan ricamano con pazienza prima del matrimonio. Vi disegnano fiori mai visti prima, piante che crescono solo nei territori della fantasia, memorie e nostalgie che vengono da lontano. Per continuare a sognare, sotto le coperte.
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