Ligabue Magazine 74

18.00

Primo semestre 2019
Anno XXXVIII

Numero significativo, il 100, e pure simbolico.
Una cifra che ricorre spesso nelle nostre vite senza che neanche ce ne rendiamo conto. Abbiamo provato, partendo da un centenario, quello della Ligabue, società di rifornimenti navali, a declinare il 100 in vari campi, cercando di capirne, e carpirne, i significati. Ne viene fuori uno spaccato interessante che va dalla matematica alla letteratura, dalla medicina alla storia.

Incluso nel prezzo anche la versione digitale *

* Le versioni digitali dal n. 1 al 57 sono ottenute da una scansione del Magazine. Potrebbero pertanto presentare delle imperfezioni nella visualizzazione dei testi e delle immagini.

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Il magazine che state leggendo per esempio è edito dalla Fondazione Ligabue voluta da Giancarlo Ligabue imprenditore di successo e instancabile organizzatore di missione e spedizioni scientifiche che portò l’azienda di catering navale con il nome di famiglia ad uno dei primi posti a livello mondiale negli anni ottanta. Come spesso accade in Italia il successo di questa impresa è di tipo familiare. Oggi è Inti Ligabue a tenere il timone dell’azienda, e sarà proprio lui a raccontarci la sua storia a cavallo del Novecento. Una lunga cavalcata appunto che abbraccia tre generazioni di imprenditori della stessa famiglia, secondo una consolidata tradizione che costituisce l’anima stessa della secolare potenza commerciale ed economica della città lagunare. E tutto è iniziato, significativamente, esattamente 100 anni fa…

Il catering navale non è certo un’invenzione dei nostri giorni. Antonio Musarra ci racconta come andassero le cose nel medioevo, sulla base di documenti d’archivio genovesi e veneziani. Cosa imbarcavano le galee della Superba e quelle della Serenissima? Nulla era lasciato al caso e la navigazione era normata con cura, erano previsti persino risarcimenti per i danni causati dai topi. Per di più una sorpresa: torna il 100. Gli elenchi genovesi ci restituiscono un centinaio di oggetti da imbarcare. Laura Pepe ci conduce nel mondo degli antichi Greci, dove il 100 è hekatà in greco affonda le radici nel mito. Basti pensare all’ecatombe, ovvero al sacrificio di cento animali agli dei (che in ogni caso non sempre erano cento). L’ecatombe più celebre era quella in onore della dea Atena, dove il sacrificio di cento vittime assicurava per un anno la protezione della dea satolla alla città che portava il suo nome. Massimo Marchiori racconta l’avventura del 100 nella matematica, il numero «divinamente divino» perché deriva dal numero divino, il 10, moltiplicato per se stesso.

Comunque il 100 dei Greci ha dovuto sostenere una lunga battaglia contro il 60 dei Babilonesi e alla fine l’ha spuntata, anche se il 60 è migliore dal punto di vista matematico, perché divisibile per 3, caratteristica che al 100 manca. Cristina Benussi, invece, compie una carrellata nel mondo della letteratura, dove il 100 sembra essere una costante. A tutti vengono in mente i cento canti della Divina commedia, le cento novelle del Decamerone, ma si può continuare con il pirandelliano Uno, nessuno, centomila fino ai Cent’anni di solitudine, dove Gabriel García Màrquez racconta la storia moderna della sua patria, la Colombia, partendo dalla fondazione di un villaggio immaginario, Macondo, immerso nella foresta attraverso sette generazioni della famiglia Buendia. Come vivere 100 anni, possibilmente felici. Lo spiega Silvia Bencivelli che fa il punto degli studio sulla longevità umana. Nel mondo ci sono cinque cosiddette «zone blu» dove la probabilità di arrivare a cento anni è più alta che altrove: l’Ogliastra, in Sardegna; l’isola di Okinawa, in Giappone; Loma Linda, in California; la penisola di Nicoya, in Costa Rica e l’isola di Icaria, in Grecia. La lezione dei centenari è principalmente una: ci sono ancora molte cose che ci sfuggono a proposito della vita.

Nel 1919 nasce la Ligabue, ma sta pure cominciando lo sviluppo del nuovo polo industriale che sarà destinato a caratterizzare la Venezia novecentesca: Porto Marghera. Giovanni Sbordone illustra le tappe di questa nuova città che sorge ai margini della laguna: 1917 concessione dei terreni a Giuseppe Volpi, 1919 lavori di sbancamento e bonifica delle barene dei Bottenighi, località che prenderà il nome di Porto Marghera, 1920 posa della prima pietra della «città -giardino» destinata agli operai e alle loro famiglie, per un totale previsto di 25 mila persone. É passato un secolo e quel mondo industriale che stava affermandosi, ormai non esiste più. Non aggiungo altro a questo punto, se non un calorosobuon viaggio a tutti!

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