Ligabue Magazine 75
Secondo semestre 2019
Anno XXXVIII
Comincia e finisce a Venezia il viaggio attorno al mondo di questo numero di Ligabue Magazine. Inizia nel Museo di Storia naturale, una delle pi๠importanti istituzioni scientifiche della città e termina con Galileo Galilei, il fondatore del metodo scientifico, che proprio a Venezia visse uno degli episodi pi๠significativi della sua vita accademica: la presentazione del cannocchiale ai senatori della Serenissima, il 24 agosto 1609.
Incluso nel prezzo anche la versione digitale *
* Le versioni digitali dal n. 1 al 57 sono ottenute da una scansione del Magazine. Potrebbero pertanto presentare delle imperfezioni nella visualizzazione dei testi e delle immagini.
Il reperto più famoso esposto nella raccolta naturalistica veneziana è lo scheletro di Ouranosaurus Nigeriensis, donato nel 1974 da Giancarlo Ligabue. à solo uno dei tantissimi reperti che ha offerto al museo. Se Giancarlo Ligabue fosse vissuto in un’altra epoca, sarebbe stato un grande viaggiatore ed esploratore, guidato dalla passione per le scienze naturali e per le nuove scoperte. É stato quindi un sincero riconoscimento quello di intitolargli il Museo di Storia naturale. Parla di questo, e anche di altro, Mauro Bon, responsabile ricerca e divulgazione scientifica del museo, ospitato nel Fontego dei Turchi. La sua testimonianza ci fa viaggiare all’interno delle stanze dove sono esposte le collezioni, completamente rinnovate e riallestite nel 2010.
Con l’articolo seguente scopriremo l’affascinante mondo delle perle dzi, un ornamento tibetano a cui la tradizione popolare attribuisce particolari poteri ‘magici’. A guidarci in questo mondo lontano è Jamey D. Allen, di Seattle, uno dei massimi esperti mondiali di tale gioiello che ha raggiunto quotazioni altissime sul mercato del collezionismo. Tutti i tibetani, donne e uomini, possiedono almeno una perla dzi, i più ricchi ne sfoggiano parecchie, inserite in strutture elaborate che spesso integrano elementi in corallo rosso, turchese, ambra e metalli preziosi. Dagli altipiani del Tibet ci trasferiremo poi in Sudamerica grazie a una scoperta interessante. L’Amazzonia non è solo un paradiso naturalistico come abitualmente pensiamo, ma anche uno scrigno di tesori archeologici. à il caso delle pitture parietali a soggetto animale che si trovano nella cordigliera di Chiribiquete, in Colombia, ovvero la zona degli altissimi altopiani in arenaria dove la foresta amazzonica quasi tocca le Ande. Un’area particolarmente impervia, dove la natura, ha scolpito un paesaggio impressionante e di grande impatto. Se ne occupa Stephen Rostain, un archeologo che lavora da decenni in Amazzonia ed è responsabile della ricerca presso il Centre National de Recherche Scientifique (cnrs), in Francia. Dai rilievi geografici delle Ande ci trasferiremo poi nelle atmosfere di una natura incontaminata.
Maurizio Campisi, imprenditore e scrittore, vive da una trentina d’anni in Costa Rica, uno dei paesi con la maggiore biodiversità al mondo: tra foreste pluviali, boschi, vulcani, savane, lagune trovano ricovero temporaneo o dimora fissa oltre 95 mila specie, un numero che viene considerato come il 6 per cento del totale del pianeta. Un numero incredibile per un piccolo paese, ben consapevole del valore della propria ricchezza ambientale: non meno del 25 per cento territorio è sottoposto a tutela, il che corrisponde
a 32 parchi nazionali e 51 riserve naturali.Natura addomesticata, invece, è quella degli orti botanici.Ne scrive Alessandra Viola, giornalista scientifica. L’Italia è stata la pioniera dei giardini accademici: il pi๠antico al mondo è quello di Padova, dov’è stata messa a dimora nel 1585 la palma che vide Wolfgang Goethe nel suo viaggio in Italia e che si può ammirare ancora oggi. Tra il Seicento e il Settecento era esplosa una vera e propria moda per questi luoghi dove si trapiantavano le essenze esotiche provenienti soprattutto dall’America e dall’Asia. Esplorare questi scrigni naturalistici, come faremo noi, equivale davvero a fare un viaggio nella Geografia e nel Tempo…
Rimaniamo nel mondo dei rettili preistorici, ma ci spostiamo dal deserto africano del Tà©nà©rà© a quello asiatico del Gobi, in Mongolia, dove è stato trovato lo scheletro di dinosauro ‘cigno’ studiato da Andrea Cau, paleontologo, che firma l’articolo dove illustra il percorso di questo reperto fino all’acceleratore di particelle utilizzato per studiarlo al meglio. Il fossile, infatti, è stato trafugato illegalmente e sono stati necessari studi accurati per accertarne l’origine e l’età . Halszkaraptor, questo il suo nome, era un animale semi acquatico e aveva un comportamento simile a quello di molti uccelli d’acqua dei nostri giorni. Venezia è nota come città d’arte, molto meno come città della scienza, eppure ha avuto un ruolo fondamentale anche nella storia dei progressi scientifici.
Un esempio è l’invenzione più famosa di Galileo Galilei: «Un nuovo artifizio di un occhiale cavato dalle più recondite speculazioni di prospettiva, il quale conduce gli oggetti visibili così vicini all’occhio, et così grandi et distinti gli rappresenta, che quello che è distante, nove miglia, ci apparisce come se fosse lontano un miglio solo: cosa che per ogni negozio et impresa marittima o terrestre può esser di giovamento inestimabile». Questa è la prima descrizione del cannocchiale. Non è però l’unico argomento che ci illustra Piero Martin, fisico sperimentale che insegna all’università di Padova, nonché fellow dell’American Physical Society e che ci accompagna nella visita a una Venezia poco conosciuta: quella della scienza. La città lagunare, come vedrete, non cesserà mai di stupire. Non aggiungo altro a questo punto, se non un caloroso buon viaggio!

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